Schumi Khan – E’ ancora troppo presto per diventare un mito
Khan è un titolo nobiliare in uso nel centro Asia e che dovrebbe equivalere più o meno al nostro re. E la figura del primo re dei temutissimi mongoli, Gengis Khan, mi è venuta subita in mente, dopo aver ascoltato il tam tam di notizie sull’incidente occorso al campione perché secondo la leggenda, più o meno supportata da fonti storiche certe, vuole che la morte dell’imperatore mongolo sia avvenuta per una banale caduta da cavallo.
Schumi Khan significherebbe Schumi re, un titolo guadagnato non sui campi di battaglia, ma sulle piste di gara, dove Michael Schumacher correndo per i colori della Benetton e della Ferrari, ha conquistato ben sette titoli mondiali di Formula uno. Uno sport dove si guadagnano molti soldi ma dove si rischia la vita, nonostante le misure di sicurezza sempre più evolute e i regolamenti sempre più restrittivi. Ed è forse questo rischiare la vita con degli autentici gioielli tecnologici, bolidi, come li chiamiamo nella nostra variegata lingua italiana, che attira l’attenzione di molti spettatori, tifosi, fan che ritrovano nel loro campione un qualcosa che evidentemente nella propria vita di tutti i giorni non hanno o forse inconsapevolmente hanno, perché la vita è sempre un continuo misurarsi con la morte che può venire quando meno te lo aspetti …Sfida della morte, tecnologia, sfida tra campioni, ebbrezza delle velocità, equipe e gioco di squadra, gossip, belle donne per gli uomini, begli uomini per le donne, denaro ma anche tanto lavoro, spesso nascosto, sono la Formula uno. Questa parla un linguaggio universale che va al di là delle culture, le religioni, gli usi di ogni singola nazione che la ospita. Il massimo che si è assistito in qualche paese arabo è la sostituzione dello Champagne con una bibita analcolica per rispettare i divieti religiosi dell’Islam, qualche ragazza più coperta ma nulla di più. E’ in questo mondo di elite che Schumi, salvo che per il gossip, è divenuto Khan, mondo che nonostante un primo incidente fuori pista ha voluto comunque riprendere con la Mercedes senza ottenere però i brillanti risultati di un tempo. Davanti ad un corpo ferito, come quello del celebre Khan, il mondo intero, anche quello che mai si è interessato di auto, si commuove, piange e prega. Prima di essere Schumi Khan, è Michael Schumacher, un marito, un padre, e alla sua famiglia che la gente spiritualmente si unisce e prega per chiedere a Dio di restituirgli sano e in vita il loro marito e padre, perché per correre nelle piste celesti c’è un eternità di tempo. I dottori fanno il loro lavoro, nel modo migliore possibile ma i miracoli li fa solo Dio. Il primo miracolo è la sua guarigione, il secondo forse è di natura spirituale, quel mettere la testa a posto (anche se sembra che l’incidente non c’entra con la sua proverbiale audacia) che Schumi sembra proprio non voler fare. Ma d’altra parte non si diventa Schumi Khan, non si diventa campioni del mondo per ben sette volte se dentro non si ha qualcosa di speciale, …
Claudio Pace Blogger Terni 30 Dicembre 2013