Lavoro Schiavo nel messaggio di pace di Papa Francesco
Lavoro Schiavo nel messaggio di pace di Papa Francesco
NON PIÚ SCHIAVI, MA FRATELLI è il titolo del messaggio di Papa Francesco per la celebrazione della giornata mondiale della pace che il papa Paolo VI volle si celebrasse nella chiesa cattolica ogni anno, a partire dal 1 Gennaio del 1968.
Il Messaggio approfondisce le radici bibliche della fraternità, a partire dalla famosa quanto breve lettera a Filemone, l’unica scritta da Paolo di suo proprio pugno, per rimandare al legittimo proprietario, un cristiano amico di Paolo, Onesimo uno schiavo fuggito e poi, aderendo all’annuncio cristiano, messosi a servizio di Paolo a sua volta prigioniero a causa della sua professione di fede.
È nel chiedere a Filemone di ri-accogliere Onesimo, che Paolo usa l’espressione ripresa da Papa Francesco:
Non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo in primo luogo a me, ma quanto più a te, sia come uomo, sia come fratello nel Signore.
Una lettera, quella Paolina che ha influenzato la storia, pur non riuscendo a rendere immune il mondo occidentale dal fenomeno della schiavitù.
Solo in tempi relativamente recenti la legislazione internazionale considera illegale e di lesa umanità il fenomeno della schiavitù che continua a sussistere in varie forme e non si tratta semplicemente di quelle venute alla ribalta con l’Isis e i fondamentalisti islamici della Nigeria e di altre parti del mondo …
Papa Francesco elenca e sintetizza le nuove forme di schiavitù ed entrando dentro il tema così delicato e dibattuto, come quello dei migranti, non si limita a condannare gli organizzatori di questo vasto traffico di esseri umani, ma si spinge anche nel merito delle legislazioni che prevedono la legalità del soggiorno di un migrante al suo possedere un contratto di lavoro, queste le sue testuali parole:
“… Penso a quelli tra loro che le diverse circostanze sociali, politiche ed economiche spingono alla clandestinità, e a quelli che, per rimanere nella legalità, accettano di vivere e lavorare in condizioni indegne, specie quando le legislazioni nazionali creano o consentono una dipendenza strutturale del lavoratore migrante rispetto al datore di lavoro, ad esempio condizionando la legalità del soggiorno al contratto di lavoro… Sì, penso al “lavoro schiavo”.
Il modello legislativo che ha in mente Papa Francesco, e se ne è parlato poco, non lega il permesso di soggiorno di uno ‘straniero’ al suo lavorare nella nazione in cui è ospitato, perché ritiene che questo sia esercitare una forma di schiavitù.
Ha ragione papa Francesco? Ha torto?
Comunque sia accogliere il pensiero del papa ed attuarlo nella legislazione, rischierebbe di far diventare la nazione che adottasse questa indicazione, una meta da raggiungere, creando tutta una serie di problemi sociali non indifferenti.
L’argomento va affrontato e per quello che riguarda l’Italia, in modo il più possibile uniforme con tutti i paesi che aderiscono all’accordo di Schengen.
Sul problema dei migranti è l’Europa, specie quella che ha appoggiato la cosiddetta primavera araba, che deve assumersi più responsabilità, che deve cercare di capire e promuovere quella fraternità che è fondamento e via per la pace.
Claudio Pace Terni 1 Gennaio 2015 su Lavoro schiavo
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