Acciaierie Terni, la bella addormentata e gli stati non uniti di Europa
Acciaierie Terni: Con una liturgia semplice ed efficace, degna del nuovo corso di papa Francesco, il Vescovo di Terni ha fatto sentire la sua voce nella questione AST. Questione che affligge l’intera città e la regione Umbria, che come una ‘bella addormentata’ che improvvisamente si risveglia ha cominciato a prendere consapevolezza del rischio della distruzione di un suo gioiello, le acciaierie diTerni, una ventina anni fa cedute per quasi niente al capitale straniero ( due quarti ceduti da Falck e a Riva pochi mesi dopo e dopo qualche anno l’altro quarto di Agarini).
La multinazionale straniera ha capitalizzato al massimo quello che poteva capitalizzare, ha impoverito non solo Terni ma l’Italia tutta chiudendo Titania, Magnetico, diversi siti di distribuzione dell’acciaio in diverse città d’Italia e lo stabilimento di Torino. Degli impianti di questo sito, tristemente famoso per la morte di sette nostri colleghi, ne ha portato a Terni una parte, operazione che in questi tempi di sovraccapacità produttiva europea non ha portato grande fortuna.
Adesso siamo diventati una parte molto passiva di una trattativa di vendita, che è partita malissimo, una sentenza dell’antitrust che lascia allibiti per la sua colpevole non chiarezza verso il cambiato contesto globale, e che prosegue peggio. Sono stati dettati dei tempi che non sono stati rispettati e non si sa nemmeno quali saranno e quando e se ci saranno i tempi di una definitiva vendita o di una attuazione di un piano industriale serio, come tutti i lavoratori, e adesso finalmente anche la politica umbra dichiarano di volere.
Dalle parole del vescovo, analisi profonde che prendono spunto dagli insegnamenti del papa operaio, Giovanni Paolo secondo detto Magno, pellegrino nella città di Terni nel lontano 1981. Un pellegrinaggio che cominciò dal campo sportivo della Terninoss, adesso un parcheggio adibito anche a centrale fotovoltaica, e proseguì con la visita dell’ acciaieria “Terni” e della città in un indimenticabile 19 Marzo, festa di San Giuseppe, per eccellenza il santo del lavoro. Il papa magno intuì prima di tutti che la caduta del muro di Berlino, se da un lato liberava dal giogo dell’oppressione comunista, i popoli dell’est, dall’altra avrebbe creato molti problemi all’economia globale, problemi su cui si doveva cominciare a lavorare fin da subito e che invece non sono stati affrontati in nome del libero mercato che segue solo le logiche del profitto e non del bene comune. La parola d’ordine di alcuni massimi esponenti della politica Italiana (Ciampi, Amato, Prodi) fu privatizzare, come se privatizzando si ottenessero tutti i benefici possibili dal mercato e nessun male. E invece … Lo capì molto bene anche il compianto presidente democristiano Giulio Andreotti, detto belzebù dalla stampa di SX, che era contrario alla riunificazione delle due Germanie. Dichiarava che voleva talmente bene alla Germania che invece di averne una sola preferiva averne due. E non avevano ragione Giulio Andreotti e Giovanni Paolo Secondo?
La delocalizzazione in Polonia della nostra vicina Indesit, che era uno dei nostri principali clienti, non danno loro ragione? E così l’imposizione di un euro in una Europa di burocrati e non dei popoli fatta di commissioni e non di governi legittimati da un voto popolare, su cui, è facile immaginare, che le lobby più potenti hanno molto più potere della politica negli stati non uniti d’Europa mentre noi abbiamo perso il potere di battere e gestire la moneta nel nostro territorio nazionale.
Delocalizzazione, deindustrializzazione, decrescita sono questi ‘DE’ che la politica dovrebbe affrontare, inventando percorsi nuovi come il secolo scorso si fece in Italia alla fine del conflitto mondiale. Da paese sconfitto e lasciato nella desolazione dalla scellerata entrata in guerra con la bestia nazista, grazie anche ai partiti storici che portavano il nome di Democrazia Cristiana o Partito Socialista, che sconfissero il rivale politico, il Partito Comunista che voleva invece trascinare l’Italia nell’orbita sovietica, l’Italia raggiunse traguardi insperati. La politica democristiana prima e del centrosinistra dopo fece arrivare l’Italia fino al quarto posto tra le potenze mondiali, per valore economico, ricchezza prodotta e benessere sociale. È dalla politica fatta dagli uomini fortemente ideologizzati sì, ma che avevano bene negli occhi gli orrori della guerra, che venne tanto prestigio a università, sanità e previdenza sociale che portarono alla popolazione tanto welfare che in tanti secoli gli italiani non avevano mai conosciuto.
Eppure qualcuno ha ancora il coraggio di parlare con disprezzo della prima repubblica, dimostrando una grande ignoranza della storia e in certi casi una abilità demagogica a distorcere i fatti non indifferente. Beppe Grillo è uno di questi, era il nemico dei partiti di governo (il pentapartito) allora, lo è oggi di tutti, ma che alternativa ha offerto a parte un po’ di chiacchiere e sberleffi? I suoi e gli ex suoi stanno dando uno spettacolo miserevole fatto di illazioni e ripicche di gente che fino ad ieri era disoccupata o scarsamente retribuita e che ora in parlamento sciala di godere gli stessi privilegi economici che continua a dichiarare di combattere strenuamente ma che di fatto gode dando la colpa agli altri di non togliere, privilegi acquisti e continuando a tentare di cavalcare l’onda di una protesta, placata con promesse di difficile attuazione come quella di far tornare i cervelli in fuga dall’estero, di dare una retribuzione a tutti solo perché italiani, … e con dei vaffa che adesso più che far sorridere generano altri vaffa stavolta verso coloro che prima vaffeggiavano.
La manifestazione di Terni di qualche giorno fa, ma più ancora la precedente assemblea interna di fabbrica, di cui i media non hanno potuto parlare molto, hanno segnato una svolta, la bella addormentata pare si cominci a svegliare e qualcuno che prima negava comincia a sparare cifre sugli esuberi. Ma allora perché non si cominciano ad aprire dei tavoli al ministero del lavoro per gestirli? O si vuole rincorrere questi eventuali esuberi creando una classe peggiore degli esodati, gli esiliati? Persone, che senza nemmeno poter aspirare alla pensione si troverebbero dall’oggi al domani senza nulla da fare con la sola prospettiva di cercare davvero all’estero un posto di lavoro perché in Umbria, come e più che in Italia, grazie anche alla supertassazione dovuta al pubblico spreco di risorse pubbliche, al di la dei buoni propositi di tutti, si sta strozzando del tutto l’impresa privata: le tasse si possono ridurre solo tagliando seriamente tutti i privilegi del pubblico! Non solo quelli dei deputati dei parlamenti nazionali che sono solo la punta dell’iceberg.
Nell’ assemblea dei lavoratori AST ho riproposto con forza, ricevendone il plauso, quello che già da qualche anno porto avanti, l’ingiustizia palese di avere concesso i benefici dell’amianto ai lavoratori del solo sito di Torino, uguale tipologia ma dieci volte più piccolo del nostro, fino al 2003 e negato fino ad oggi al sito di Terni.
La notizia che ha diffuso l’ONA (Osservatorio Nazionale Amianto) passata in secondo ordine rispetto alla ferita in testa del sindaco e allo sciopero generale, è che il tribunale di Terni, che sta esaminando la causa di alcuni colleghi che hanno chiesto di averne i benefici, ha ricusato il suo perito che dichiarava la presenza dell’amianto in fabbrica solo fino al 1991 non è una notizia di secondaria importanza. Se poi invece, come tutti speriamo, questi esuberi non ci saranno, potrebbe finalmente essere l’occasione di creare addirittura nuovi posti di lavoro per i giovani, gli operai, gli invalidi o i giovani laureati che fino a qualche anno fa, vagliati con degli stage, venivano assunti in sostituzione di qualche anziano che lasciava il suo posto. Magari un giovane brillante e motivato ( e meno pagato) per tre che andavano via.
Oggi niente, non si muove più nulla, nessuna speranza per i giovani! Non a caso il vescovo di Terni chiamando un ragazzo durante la sua omelia nella veglia di preghiera per la tutela del lavoro, gli ha detto scherzando seriamente che difficilmente avrà una pensione quando raggiungerà la sua età.
Un ringraziamento profondo comunque va fatto a sindaco e presidente provincia di Terni e al presidente della regione Umbria, per la loro ferma lettera ad Almunia, in cui finalmente si guarda ad Outokumpu, a quel famoso piano A (Terni_Tornio come l’ho chiamato durante il mio intervento in assemblea pur rischiando di non essere capito da qualcuno che incolpevolmente non sa che Tornio, a due passi dal polo nord, è la sede dell’Outokumpu) in cui si pensava di produrre tanto di quell’acciaio ferritico che non si sapeva nemmeno se lo stabilimento di Terni sarebbe stato in grado di sopportare i ritmi di una cosi abbondante produzione. E’ vero avrebbe dovuto farlo anche il governo, ma può ancora farlo, magari, come, sostengo da mesi, nominando un commissario straordinario per la siderurgia italiana, con un personaggio che abbia un gran peso politico in Europa.
Non importa che sia di CDX o di Centro o di CSX che si chiami Gianni Letta, Franco Frattini o Romano Prodi. Quest’ultimo , se nominato, potrebbe avere l’occasione di riparare alle conseguenze di un suo peccato di gioventù.
Ribadisco infatti che fu Prodi a privatizzare l’IRI, l’azienda a capitale pubblico, a cui mediante la finsider le nostre acciaierie appartenevano.
Occorre un personaggio di questo calibro che di fronte ad Almunia e ai burocrati dell’Europa possa parlare con molta più autorevolezza di certi Carneadi come taluni consiglieri che hanno accompagnato a Strasburgo il nostro sindaco, che con tutta la loro buona volontà, non possono né sapere, né tanto meno influire positivamente sulle decisioni che in Europa sono state prese o si devono ancora prendere (o peggio ancora “non prendere” lasciandoci morire di una lenta agonia) sul futuro di questa città.
Sabato 22 giugno 2013 Claudio Pace
Blogger Consigliere gruppo consiliare PDL della prima Circoscrizione Terni Est nel cui territorio è sito lo stabilimento delle acciaierie di cui è dipendente.