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Notizie Apocalittiche quotidiane: il sole si smorzerà presto?

La mia risposta: Il libro dell’Apocalisse o della rivelazione finale  

L’ultimo libro del nuovo testamento, quello dell’Apocalisse, è l’unico libro cento per cento profetico dove non si parla delle opere di Gesù o dei primi cristiani, ma si parla esclusivamente di visioni creando una netta discontinuità tra questo e i libri precedenti che pur intrisi ciascuno di una propria visione teologica erano ancorati con i fatti e i luoghi dove Gesù e i primi cristiani vissero. In realtà, nella prima parte vengono citate ben sette città, luoghi di altrettante comunità:

Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo  alle sette  Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa. (Ap 1,11)

La prima di queste chiese è quella di Efeso, la città dove i coniugi Priscilla e Aquila incontrano Apollo, e dove Paolo incontra altre persone della scuola di Giovanni l’immergitore ed è quella che viene trattata meglio delle altre con un semplice rimprovero dovuto a un calo di amore che deve essere assolutamente eliminato. È probabile che siano passati molti anni dai tempi di Apollo, Paolo, Priscilla e Aquila, ma rimane il fatto, che quando si parla della morte dei testimoni della Parola (At 20,4), pur nella parte finale del libro che potrebbe a sua volta essere una raccolta non unitaria di più libri, si utilizza quello della decapitazione che nel nuovo testamento è descritta per Giovanni l’immergitore e per nessun altro, Gesù muore in croce, Giacomo di Spada, Stefano per lapidazione, … un indizio assai labile ma pur sempre un indizio per chiedersi se, non ci fosse già un interpretazione assai più larga del gesto di Giovanni come se fosse un testimone di Gesù, al di là del suo scandalizzarsi e del suo chiedere irriguardoso a Gesù se fosse veramente colui che doveva venire.

In effetti l’apocalisse almeno dal quinto capitolo in poi è il libro dell’Agnello citato tantissime  volte, ben trentasei contro le quattro citazioni presenti in tutti gli altri libri del nuovo testamento. Di queste due sono di Giovanni l’immergitore nel quarto vangelo (Gv 1,29 e Gv 1,36), nell’immediatezza dell’immergersi di Gesù nel Giordano, che come abbiamo visto è il momento di maggior vicinanza dei due. Le altre due citazioni si trovano nel già citato brano del battesimo dell’etiope ad opera di Filippo e nella prima lettera di Pietro:

E se pregando chiamate  Padre  colui che senza riguardi personali  giudica  ciascuno secondo le sue opere, comportatevi  con timore  nel tempo  del vostro pellegrinaggio. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. (1Pt 1,17-19)

Tutto ciò fa pensare che una qualche forma di influenza tra chi scrive il libro dell’apocalisse e le parole di Giovanni l’immergitore, le uniche in cui si definisce Gesù come Agnello, una relazione forte c’è. Pare quasi che la teologia espressa parta da queste parole, sia un espansione di queste parole, forse fatta da chi ignorava se non  addirittura confutava il dissidio netto che ci fu tra Gesù e Giovanni. In altre parole da una spiegazione più ampia delle citate parole di Pietro, del potere liberatorio del sangue prezioso di Cristo come dell’agnello sacrificale senza difetti e senza macchia, ma della lettura di tutti gli avvenimenti storici dominati dall’azione dell’agnello stesso che scioglie sigillo per sigillo del rotolo dei fatti che avverranno presto nella storia, storia della distruzione della Gerusalemme terrestre, mai citata esplicitamente, per permettere la discesa della Gerusalemme nuova dal cielo, in un movimento che ancora una volta si può ricollegare alla ricostruzione di Sion del primo capitolo degli atti, …

Ma con un aggiunta esplicativa del concetto di Regno,  non solo il Figlio dell’uomo ritorna dal cielo in cui è stato sollevato ma porta con sé una città nuova, … ecco il senso del regno dove sul trono regna l’Agnello.

Chi scrive forse vuole rispondere a chi come nella Chiesa di Efeso ha avuto non solo un calo di amore ma anche di fede, a cui corrisponde un incapacità di leggere i segni dei tempi, la gente muore, tutti coloro a cui Gesù disse che alcuni di loro non sarebbero morti senza vedere il suo ritorno sono morti, che significa tutto ciò? Qual è il destino di queste persone? Qual è il destino ultimo dell’uomo?

Le risposte sono tante, alcune le abbiamo già viste, ma tra le altre riviene fuori il concetto di paradiso/giardino e dell’albero della vita,  che viene finalmente fuori dal letargo in cui si trovava dai tempi di Genesi:

Poi il Signore Dio piantò  un giardino  in Eden, a oriente, e vi collocò  l’uomo  che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. (Gen 2,8-9)

Fino alla venuta dell’Agnello la storia dell’uomo si orienta attorno all’albero della conoscenza del bene e del male, su cui la prima coppia viene provata e cade, con la venuta dell’Agnello, non c’è un ripristino delle condizioni iniziali, ma lo sviluppo delle potenzialità che la prima coppia avrebbe potuto vivere se avesse superato la prova, a partire dal superamento della fatica nel lavoro e del dolore nella generazione della vita con le doglie del parto e nella morte che sarebbe stata solo un addormentarsi in Dio, dopo aver trascorso un’esistenza serena nell’amore. Non è un caso che la prima promessa di premio dello Spirito al vincitore è proprio quella dei frutti dell’albero della vita e guarda caso è la conclusione del messaggio dato alla chiesa Efesina:

All’angelo della Chiesa  di Efeso  scrivi: Così parla  Colui che tiene le sette stelle  nella sua destra e cammina  in mezzo  ai sette  candelabri  d’oro: Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova – quelli che si dicono apostoli e non lo sono – e li hai trovati bugiardi. Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto. Tuttavia hai questo di buono, che detesti le opere dei Nicolaìti, che anch’io detesto. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio. (Ap 2,1-7)

E alla luce di questa promessa che possiamo rileggere il libro della rivelazione come una spiegazione definitiva della condiziona umana nel  nuovo piano di Dio per l’uomo, una nuova città dove Dio dimora con gli uomini e dove la morte … muore.

Vidi poi un nuovo cielo e una nuova  terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”. (Ap 21,1-4)

Un passo questo che apre infiniti orizzonti e fa comprendere le parole che  Pietro nella Santa Montagna pronunciate di fronte ad un anticipo di visione di quello che è il corpo di Gesù, trasfigurato, trasformato come accadrà definitivamente solo dopo la sua glorificazione con la resurrezione:

Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese  con sé Pietro, Giovanni  e Giacomo  e salì  sul monte  a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.

Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia“. Egli non sapeva quel che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”. (Lc  9,28-35)

Pietro, non sapeva quel che diceva, ma non nel senso che avesse detto cose insensate ma nel senso di avere detto cose di cui non poteva ancora comprenderne a fondo la portata che è quella di un Dio che dimora con gli uomini, un Dio che si manifesta nella Gloria e che per il momento gli uomini non riescono a sopportare, ma è questo a cui sono chiamati, è questa la vita con cui Gesù stesso si identifica.  È questa la chiave di lettura giusta, tanto che nella conclusione si ripropone esplicitamente il tema dell’albero della vita:

 Beati coloro che lavano  le loro vesti: avranno parte  all’albero  della vita  e potranno entrare per le porte nella città. Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolàtri e chiunque ama e pratica la menzogna!

Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino”. Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”.  

E chi ascolta ripeta: “Vieni!”. Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita. Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell’albero della vita e della città santa, descritti in questo libro. (Ap 22,14-19)

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